SABATO 8 APRILE 2017, dalle 17, DUE MOSTRE E UN CONCERTO alla Galleria ItinerArte, Venezia, Dorsoduro 1046 (accanto alle Gallerie dell’Accademia)
INGRESSO LIBERO
Simultaneamente nei due spazi in cui si articola la Galleria (lo Spazio Campiello e lo Spazio Rio Terà), apertura delle due mostre personali dedicate rispettivamente a VITO CARTA (“Epifanie”) e LIANA CITERNI (“Bagliori e battiti d’ala”) con mini-concerto in acustica del giovane cantautore DAVIDE SOLFRINI, che presenta per la prima volta a Venezia brani del suo ultimo EP intitolato “Vestiti male”.
VITO CARTA, EPIFANIE
“Quelle che affiorano nella luce cangiante della memoria di Vito Carta sono immagini inquiete: volti, corpi, scenari… fotogrammi che galleggiano in una luce che cambia, a tratti morbida, tenue, soffusa, a tratti abbacinante e tagliente. La memoria è il flusso, la corrente che le trasporta, le sparpaglia, le accosta, le mischia, le sovrappone, le allontana, le deforma: scompone e ricompone i contesti in cui le immagini stesse trovano nuove combinazioni, nuova luce, nuovi colori, nuovi significati. Perché Vito Carta sa bene che la memoria è una compagna infedele che mente con abilità, ma spesso nei suoi inganni, nelle sue bugie si nascondono rivelazioni spiazzanti e realtà insospettabili. E l’artista, come un giocoliere, usa l’inganno e la menzogna per raccontarci la verità, attraverso immagini che si rivelano vere e proprie, spiazzanti epifanie”. (Virgilio Patarini)
LIANA CITERNI, BAGLIORI E BATTITI D’ALA
“È la luce il filo d’Arianna che può consentire di penetrare nel Dedalo della produzione pittorica di Liana Citerni e raggiungerne forse il cuore, la stanza segreta, senza perdersi, senza soffermarsi troppo e invano su aspetti secondari, importanti ma non cruciali. Proviamo a seguirlo, allora, questo filo di luce. (…) Ecco, proviamo a mettere a fuoco… Sprazzi, bagliori di una luce intermittente, radioattiva, illuminano a tratti la materia magmatica e rutilante. Talvolta è un lampo che attraversa lo spazio virtuale del quadro separando zone, zolle, placche telluriche che si contrappongono tra di loro. Altre volte la luce si irradia in modo da definire i piani e la profondità dello spazio immaginario evocato dalla superficie della tela dipinta, creando una contrapposizione tra campiture cromatiche che balzano in primo piano e altre che restano sullo sfondo. (…) Nella pittura di Liana Citerni la luce è l’accento finale che contribuisce a rendere più spiccata la grande aporia che soggiace ad ogni quadro, (…) E in generale questa unica grande aporia potremmo definirla con una serie di ossimori rivelatori: disordine organizzato, bilanciato disequilibrio, movimento estatico, materia spirituale… oppure, citando un celebre romanzo e relativo film d’autore: Caos calmo. Nell’uso del colore, nella qualità del gesto e nell’uso della materia è tutto un gioco di pesi e contrappesi, alla ricerca, quadro dopo quadro, di una inarrivabile inquieta armonia. Un’armonia inquieta, un’armonia elusa e al tempo stesso allusiva, evocativa, colma di presagi e di segni, di significati fuggitivi eppure incombenti: inquieta come il battito d’ala di una farfalla, o come il bagliore di un lampo in un cielo affocato”. (Virgilio Patarini)
LA MUSICA DI SOLFRINI. C’è un mondo, Il mondo dei luoghi lontani dai riflettori, il mondo di un milione di solitudini che anche se messe insieme non riescono proprio a farsi compagnia, un mondo di uomini e donne che si guardano dentro e non trovano ciò che il mondo perfetto che sta intorno a loro vorrebbe che trovassero. Ecco: la musica di Davide Solfrini nasce proprio dall’esigenza di descrivere con senso critico ed ironia questa zona d’ombra presente fuori e dentro di noi, e la sua bravura sta nel fatto di saperlo fare con parole semplici ed immagini intense, puntando innanzitutto sul racconto di storie, a volte crude ed a volte più naìf e surreali. Anche i riferimenti e l’ispirazione del sound nei dischi di Solfrini vengono da un mondo non proprio italiano, la prima impressione che si ha all’attacco di ogni brano infatti è quella di addentrarsi in una produzione d’oltreoceano (o almeno d’oltremanica); il fantasma dei primi R.E.M., degli Smiths o di tanta musica wave di quegli anni è presente in maniera pregnante e decisiva nelle chitarre e nelle atmosfere di questo cantautore nato a Cattolica (RN) nel 1981. Insomma, Davide Solfrini ci porta per mano ad assistere ad un insieme di storie sospese nello spazio e nel tempo, ognuna con un suo mondo sonoro di riferimento. Il piccolo mondo stretto, caotico e talvolta grottesco, dove gli individui si accalcano nel poco spazio ed al contempo si perdono in un doloroso vuoto interiore. Ci sono canzoni come “Bruno”, che attraverso la storia di un tossicodipendente ci racconta tutto il lato più oscuro e doloroso dei “favolosi” anni ’70 e ’80, qui ad esempio è l’eroina a dettare la disgregazione dei sogni di un futuro perfetto di genitori perfetti per il loro figlio perfetto. Mi piace il blues” riporta il monologo di uno sconclusionato musicofilo che molesta i giovani nei bar sciorinando loro tutta la sua conoscenza sul mondo del blues e del rock’n’roll. Ma Davide Solfrini è capace anche di scrivere semplici e toccanti canzoni di amore e di perdita, come “Mai più ogni cosa” , “Equilibrio”, “Marta al telefono” (dall’album “Muda” – New Model Label, 2013) e “Animali” (da “Shiva e il monolocale: EP”, 2011)